Split payment: la filiera delle costruzioni presenta denuncia alla Ue
Con lo Split payment viene violato il principio della neutralità dell’Iva: 2,4 miliardi l’anno la perdita di liquidità per le imprese di costruzione
Una denuncia alla Commissione europea per violazione delle norme comunitarie in materia di Iva è stata presentata da tutte le sigle datoriali delle costruzioni (Ance, Legacoop, Cna costruzioni, Confartigianato edilizia, Confapi Aniem e Federcostruzioni) sull’applicazione dello split payment, dopo gli inutili tentativi di modifica della norma presentati in Parlamento, nel corso dell’esame dell’ultima Legge di bilancio.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Il meccanismo dello split payment prevede che le pubbliche amministrazioni, o altri soggetti obbligati, versino direttamente all’Erario l’Iva dovuta per i lavori effettuati, mentre l’impresa continua a pagare l’imposta per l’acquisto di beni e servizi. Ciò si traduce in una perenne situazione di credito Iva per le imprese di costruzione nei confronti dello Stato, contro la quale a poco sono servite le misure per accelerare il rimborso Iva predisposte dal Governo.
Il risultato è che, tra Iva versata e quella soggetta a split payment, le imprese di costruzione si trovano a subire una pesante perdita di liquidità che l’Ance ha stimato in circa 2,4 miliardi di euro l’anno. Il meccanismo, dunque, mette seriamente a rischio l’equilibrio finanziario delle imprese costrette anche a subire i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione, che drenano ulteriori 8 miliardi di liquidità alle imprese.
Tra l’altro, l’obbligo di fatturazione elettronica, in vigore dal 2015 nei rapporti con tutte le pubbliche amministrazioni, è già una misura più che sufficiente per il contrasto dell’evasione dell’Iva. E lo sarà anche di più a partire dal 2019 quando l’obbligatorietà sarà estesa anche tra privati.
Di qui la decisione della filiera delle costruzioni di ricorrere a Bruxelles, in quanto il meccanismo dello split payment viola il principio di neutralità dell’Iva, cardine delle norme Ue in materia fiscale, a causa dell’insostenibile ritardo con cui lo Stato italiano eroga i rimborsi. Inoltre, la misura introduce una deroga alla Direttiva Iva non proporzionata perché troppo svantaggiosa per le imprese e con una portata troppo ampia sia a livello temporale che per numero di soggetti coinvolti.
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