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La Nota di Aggiornamento del DEF di quest’anno riveste particolare importanza in quanto si tratta del primo documento di programmazione economica del nuovo Governo ed essa viene presentata in una fase di cambiamento nelle relazioni economiche e politiche a livello internazionale, accompagnato da segnali di rallentamento della crescita economica e del commercio mondiale.

Il Contratto firmato dai leader della coalizione di Governo formula ambiziosi obiettivi in campo economico e sociale, dall’inclusione al welfare, dalla tassazione all’immigrazione. Vi è inoltre una pressante esigenza di conseguire una crescita più sostenuta dell’economia e dell’occupazione e di chiudere il divario di crescita che l’Italia ha registrato nei confronti del resto d’Europa nell’ultimo decennio.

L’obiettivo primario della politica economica del Governo è di promuovere una ripresa vigorosa dell’economia italiana, puntando su un incremento adeguato della produttività del sistema paese e del suo potenziale di crescita e, allo stesso tempo, di conseguire una maggiore resilienza rispetto alla congiuntura e al peggioramento del quadro economico internazionale.

Ciò richiede un cambiamento profondo delle strategie di politica economica e di bilancio che negli anni passati non hanno consentito di aumentare significativamente il tasso di crescita, ridurre il tasso di disoccupazione e porre il rapporto debito/PIL su uno stabile sentiero di riduzione.

Anche il rafforzamento della fiducia dei mercati finanziari e l’aumento dell’attrattività dell’Italia per gli investimenti esteri incontrano un ostacolo in previsioni di crescita non soddisfacenti e non in grado di produrre quel consenso e stabilità sociale che sono la base per la creazione di un ambiente favorevole alle attività economiche.

La strategia di politica economica del Governo è quindi quella di affrontare efficacemente questi problemi ponendosi l’obiettivo di ridurre sensibilmente entro i primi due anni della legislatura il divario di crescita rispetto all’eurozona e in tal modo assicurare la diminuzione costante del rapporto debito/PIL in direzione dell’obiettivo stabilito dai trattati europei.

In questa strategia il rilancio degli investimenti è la componente cruciale e uno strumento essenziale per perseguire obiettivi di sviluppo economico sostenibile e socialmente inclusivo. A causa delle politiche svolte in passato, gli investimenti pubblici quest’anno toccheranno un nuovo minimo dell’1,9 per cento in rapporto al PIL, laddove nel decennio precedente la crisi del 2011 essi furono pari in media al 3 per cento del PIL. Il Governo si propone di promuovere gli investimenti pubblici e privati nel quadro di un ambiente economico e sociale favorevole attraverso l’azione normativa e una riorganizzazione mirata della pubblica amministrazione. Nell’arco della presente legislatura è auspicabile riportare gli investimenti pubblici ai livelli pre-crisi, il che richiederà non solo adeguati spazi finanziari, ma anche un recupero di capacità decisionali, progettuali e gestionali.

A questo scopo, il Governo intende mettere in campo una serie di azioni ad ampio raggio volte ad espandere, accelerare e rendere più efficiente la spesa per investimenti pubblici, migliorando la capacità delle pubbliche amministrazioni di preparare, valutare e gestire piani e progetti. Nel quadro di queste azioni, il Governo attiverà entro la fine di quest’anno una task force sugli investimenti pubblici. Riprendendo le esperienze di altri Paesi, che hanno affrontato con successo problematiche di investimenti pubblici e di gap infrastrutturali simili a quelli italiani, il Governo creerà inoltre un centro di competenze dedicato. Questo avrà il compito di offrire servizi di assistenza tecnica e di assicurare standard di qualità per la preparazione e la valutazione di programmi e progetti da parte delle amministrazioni pubbliche centrali e periferiche. Questa azione permetterà anche di creare nel tempo un insieme di capacità professionali interne alla PA nell’intera gamma di competenze, tipologie e dimensioni della progettazione tecnica ed economica degli investimenti pubblici.

Lo sforzo di rilancio degli investimenti e di sviluppo delle infrastrutture dovrà coinvolgere non solo tutti i livelli delle amministrazioni pubbliche, ma anche le società partecipate o titolari di concessioni pubbliche che hanno, in numerosi casi, beneficiato di un regime di bassi canoni ed elevate tariffe, rinviando i programmi di investimento previsti nei piani economici finanziari. Gli opportuni cambiamenti organizzativi e regolatori saranno prontamente introdotti onde rimuovere gli ostacoli che hanno frenato le opere pubbliche assicurando, al contempo, congrui livelli di investimento da parte delle società concessionarie, nonché un riequilibrio del regime dei canoni.

In questo quadro assume particolare rilievo un rinnovato impegno del Governo a promuovere la liberalizzazione nei settori ancora caratterizzati da rendite monopolistiche e da ostacoli alla concorrenza, con risultati benefici sul fronte dei prezzi, dell’efficienza e degli incentivi all’innovazione.

Settori strategici per la crescita su cui il Governo punterà anche per realizzare opportune sinergie pubblico-privato sono in particolare quelli della ricerca scientifica e tecnologica, della formazione di capitale umano, della innovazione e delle infrastrutture, in quanto portatori di effetti rilevanti e duraturi sulla produzione e la capacità del Paese di creare valore.

Il mutamento di strategia di politica economica a sostegno della crescita richiede anche di creare le condizioni favorevoli ad un rapido processo di ristrutturazione e ammodernamento della nostra struttura produttiva. Questo appare ancora più necessario a fronte dell’esigenza di porsi al passo con l’innovazione tecnologica e i mutamenti imposti dall’economia digitale e le nuove dimensioni della competizione globale. A tal fine è anche necessario riformare profondamente la logica e il disegno degli investimenti in capitale umano per favorire l’efficiente allocazione delle risorse.

Lo strumento del reddito di cittadinanza che verrà posto in essere fin dal prossimo anno è un obiettivo primario del governo ed è necessario per assicurare un più rapido ed efficace accompagnamento al lavoro dei cittadini. Esso ha il duplice scopo di garantire la necessaria mobilità del lavoro e un reddito per coloro che nelle complicate fasi di transizione, determinate dai processi di innovazione, si trovano in difficoltà. Tale misura eliminerà al tempo stesso sacche di povertà non accettabili nel settimo paese più industrializzato del mondo.

Parimenti è necessaria una riforma del sistema pensionistico allo scopo di promuovere il rinnovo delle competenze professionali necessarie a supportare il processo di innovazione. L’attuale regime, infatti, pur garantendo nel lungo periodo la stabilità finanziaria del sistema previdenziale, nel breve e medio periodo impedisce alle imprese il fisiologico turnover delle risorse umane impiegate. Per consentire al mercato del lavoro di stare al passo con i progressi tecnologici è oggi necessario accelerare e non ritardare questo processo e dare spazio alle nuove generazioni interrompendo il paradosso per il quale giovani, anche con elevata istruzione, rimangono fuori dal mondo produttivo mentre le generazioni più anziane non possono uscirne.

Infine è necessario semplificare il sistema di tassazione diretta e indiretta, riducendo allo stesso tempo la pressione fiscale su imprese e famiglie, come più volte raccomandato anche dalle istituzioni internazionali. Dal prossimo anno si inizierà ad agire in modo deciso sulla tassazione delle imprese.

I vincoli finanziari entro cui si attuerà il programma sono stringenti: la pressione fiscale in Italia rimane assai elevata, e il quadro tendenziale di finanza pubblica, ereditato dal precedente governo, prevede un ulteriore inasprimento dell’imposizione indiretta, contro cui il nuovo Parlamento si è già pronunciato, impegnando il Governo ad assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia inerenti all’aumento delle aliquote IVA e delle accise su benzina e gasoli.

Di importanza fondamentale è anche la riduzione del debito pubblico in rapporto al PIL, che da ormai trent’anni vincola le politiche economiche e sociali dell’Italia e che – a prescindere dalle regole di bilancio europee – va affrontato al fine di liberare spazi di bilancio e ridurre la pressione fiscale. Gli ultimi dati Istat mostrano che negli scorsi tre anni il rapporto fra debito pubblico e PIL è sceso di soli sei decimi di punto sebbene le condizioni economiche e finanziarie a livello europeo ed internazionale fossero nel complesso favorevoli. Il Governo intende seguire un approccio che combini responsabilità fiscale e stimolo alla crescita, assicurando una graduale riduzione del rapporto debito/PIL.

È altresì necessario che le politiche europee e le regole fiscali comuni siano maggiormente orientate alla crescita e alla convergenza economica fra i paesi dell’Area euro. Il Governo intende giocare un ruolo critico ma anche propositivo e propulsivo riguardo all’approfondimento dell’Unione Monetaria e alle politiche dell’Unione Europea, al fine di rafforzare la crescita economica e sociale e il ribilanciamento fra paesi membri in termini di livelli di reddito e di occuapazione. All’interno di questo disegno dovrà essere garantita anche la tutela dei risparmiatori e la fiducia nel sistema bancario anche con il graduale completamento dell’Unione bancaria e del mercato dei capitali.

Gli squilibri macroeconomici dei paesi membri devono essere corretti in modo simmetrico, coinvolgendo maggiormente quelli che attualmente presentano elevati surplus di partite correnti e di bilancio. Le distorsioni degli attuali meccanismi di sorveglianza multilaterale e delle regole di bilancio vanno superate, al fine di debellare le pressioni deflazionistiche, ancora oggi evidenti in alcuni paesi membri, e ripristinare un clima di ottimismo circa le prospettive economiche dell’Area Euro e più in generale dell’Europa.

Obiettivi di crescita e di finanza pubblica

Nella prima metà dell’anno la crescita economica in Italia e in Europa ha rallentato, in corrispondenza di un indebolimento del commercio mondiale e della produzione industriale. La cosiddetta ‘guerra dei dazi’ ha probabilmente influito su aspettative e decisioni di investimento in scorte e beni capitali da parte delle imprese, con complessi effetti tramite le catene del valore. La previsione macroeconomica tendenziale prende atto di questa evoluzione e del peggioramento di alcuni indicatori congiunturali. La stima di crescita del PIL per quest’anno scende dall’1,5 all’1,2 per cento, e la previsione tendenziale per il 2019 viene ridotta dall’1,4 allo 0,9 per cento. Nei due anni seguenti, la crescita riprenderebbe lievemente, salendo all’1,1 per cento. Queste previsioni si basano sulla legislazione vigente, che prevede corposi rialzi delle imposte indirette a partire dal 2019.

Il Governo ritiene, come già sottolineato, che i tassi di crescita del PIL e dell’occupazione dello scenario tendenziale siano inaccettabilmente bassi. Il programma fiscale ereditato dal precedente governo non consentirebbe inoltre di attuare i punti qualificanti del Contratto di Governo e di promuovere il rilancio degli investimenti poc’anzi prospettato. Si intende pertanto adottare una politica fiscale meno restrittiva, con un indebitamento netto pari al 2,4 per cento del PIL nel 2019, al 2,1 per cento nel 2020 e all’1,8 per cento nel 2021. Si ritiene tale livello compatibile sia con le esigenze di stimolo all’economia sia con la volontà di mantenere una gestione delle finanze pubbliche stabile ma più graduale e meglio congegnata rispetto allo scenario tendenziale.

Il Governo ritiene inoltre opportuno intervenire sulle clausole di salvaguardia ereditate dal passato attraverso la totale sterilizzazione degli aumenti previsti per il 2019 e la loro riduzione per il biennio successivo. Nel Programma di Stabilità 2019 sarà presentato un piano di intervento volto a sostituire le residue clausole di salvaguardia con interventi di riduzione della spesa e di potenziamento dell’attività di riscossione delle imposte.

L’obiettivo del Governo è quello di ridurre sensibilmente il divario di crescita con l’Area euro, che permane da oltre un decennio. La politica economica, l’azione di riforma, la buona gestione della PA e il dialogo con imprese e cittadini saranno quindi rivolti a conseguire una crescita del PIL di almeno l’1,5 per cento nel 2019 e l’1,6 per cento nel 2020, come indicato nel nuovo quadro programmatico. Su un orizzonte più lungo, l’Italia dovrà crescere più rapidamente del resto d’Europa, onde recuperare il terreno perso negli ultimi vent’anni. Questi obiettivi di crescita economica sono ambiziosi ma realistici, e potrebbero essere oltrepassati, per almeno due motivi.

In primo luogo, le azioni che il Governo ha già intrapreso per rimuovere gli ostacoli agli investimenti cominceranno a dispiegare i loro effetti sul PIL già nel 2019. A tal fine sono state recentemente approvate le prime misure per consentire l’utilizzo degli avanzi da parte delle amministrazioni territoriali. Ulteriori interventi per semplificare e consentire l’utilizzo degli avanzi di amministrazione per investimenti saranno definiti nella prossima legge di bilancio. Come già illustrato precedentemente, verrà inoltre varato un piano di investimenti pubblici sorretto da un adeguamento della capacità progettuale, di valutazione e selezione della pubblica amministrazione, da una penetrante semplificazione normativa e dalla riforma dei meccanismi di gestione dei servizi pubblici. Una rilevazione interna presso un campione rappresentativo di grandi aziende delle infrastrutture e dell’energia indica che l’attuazione delle suddette misure porterebbe a livelli di investimento superiori di oltre il 10 per cento rispetto allo scenario tendenziale. Se ciò avverrà il tasso di crescita dell’economia italiana potrà essere significativamente superiore a quello indicato prudenzialmente nel presente documento.

In secondo luogo, i recenti livelli dei rendimenti sui titoli di Stato, su cui ci si è basati per formulare le previsioni programmatiche di crescita e di finanza pubblica, non riflettono i dati fondamentali del Paese (surplus di bilancio primario della PA, surplus di partite correnti, basso debito privato, solido sistema bancario). Contiamo che una volta che il programma di politica economica del Governo sarà approvato dal Parlamento, si dissolva l’incertezza che ha gravato sul mercato dei titoli di Stato negli ultimi mesi. Con livelli dei rendimenti più allineati ai dati fondamentali, le proiezioni di crescita economica e di finanza pubblica miglioreranno significativamente.

Per quanto riguarda la riduzione del debito pubblico, lo scenario programmatico, pur con previsioni di crescita prudenziali e di rendimenti sui titoli di Stato elevati, traccia in ogni caso un percorso di significativa riduzione del rapporto debito/PIL, che dal 131,2 per cento del 2017 scenderà al 126,7 per cento nel 2021. Una riduzione ancor più accentuata sarà possibile se si realizzerà la maggior crescita a cui il Governo punta come obiettivo prioritario.

Punti essenziali del programma di politica economica e finanziaria

Oltre agli interventi sulle clausole di salvaguardia, il programma di politica economica e finanziaria illustrato nel presente documento può essere riassunto nei seguenti punti principali:

  • Attuazione del Reddito di Cittadinanza nell’ambito di un’ampia riforma delle politiche di inclusione sociale;

  • Introduzione di modalità di pensionamento anticipato per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani;

  • Prima fase dell’introduzione della ‘flat tax’ a favore di piccole imprese, professionisti e artigiani;

  • Taglio dell’imposta sugli utili d’impresa per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi;

  • Rilancio degli investimenti pubblici e della ricerca scientifica e tecnologica;

  • Promozione dei settori-chiave dell’economia, in primis il manifatturiero avanzato, le infrastrutture e le costruzioni.

Si tratta di un ambizioso programma, che mira anzitutto a rispondere all’aumento della povertà registrato dalla crisi in poi, soprattutto fra i giovani e le famiglie numerose e nelle regioni meridionali del Paese, e a consentire, come sopra ricordato, una maggiore flessibilità nei pensionamenti anticipati, creando maggiore spazio per l’occupazione giovanile. Esso verrà attuato con gradualità, onde conseguire una significativa riduzione del rapporto debito/PIL nel prossimo triennio.

Ciò consentirà di combinare in una strategia coerente le istanze di cambiamento e le aspettative degli italiani con i vincoli economici e finanziari. Si sono individuate priorità chiare e indicati gli strumenti per perseguirle. Confido che la presente Nota di Aggiornamento ponga le basi per una proficua sessione di Bilancio e, cosa più importante, per una vera ripresa dell’Italia nei prossimi anni.

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