La mobilità professionale in Europa stenta ancora a decollare!

Negli ultimi 20 anni sono solo 660 mila le richieste di esercitare la professione in un altro paese europeo. Il presidente Stella: ancora troppi ostacoli burocratici sulla strada dell'Europa delle professioni

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La mobilità dei professionisti in Europa non decolla. Tra il 1997 e il 2017 sono state poco più di 660 mila le richieste di approvazione per l’esercizio della propria attività professionale in un altro paese europeo. È quanto emerge dal Rapporto 2018 sulle libere professioni in Italia, curato dall’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni, che conferma come il dato su base annua non arrivi a sfiorare l’1% della popolazione professionale in Europa.

«Siamo ancora lontani dalla realizzazione di un effettivo mercato europeo delle professioni», commenta il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. «Il processo di armonizzazione avviato dall’Unione europea con la Direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali incontra ancora oggi parecchi ostacoli a livello dei Paesi membri e, in alcuni casi, delle stesse categorie professionali che troppo spesso si trovano di fronte al muro della burocrazia».

Entrando nel dettaglio del Rapporto 2018, è la Germania il Paese che più sostiene la domanda di mobilità internazionale di professionisti, con circa 80 mila richieste. Segue la Polonia, con poco più di 65 mila e quindi la Spagna (quasi 56mila). Le richieste dei liberi professionisti italiani sono state circa 39 mila (poco più di 32 mila quelle approvate): numeri che collocano il nostro Paese al 5° posto nella classifica della mobilità transnazionale delle libere professioni, sotto la media europea, e che conferma la bassa propensione dei professionisti italiani a spostarsi in Europa.

In generale, il Paese di destinazione più gettonato è il Regno Unito: 1/4 dei flussi in uscita è diretto oltremanica. Seguono, in termini di attrattività per i professionisti europei, Norvegia e Svizzera, che raccolgono rispettivamente il 14% e il 10% dei flussi in uscita. L’Italia rappresenta una destinazione minore, ponendosi al 9° posto, con una quota inferiore al 4%, mentre invece i professionisti italiani che decidono di stabilirsi in un altro Paese puntano sul Regno Unito e sulla Svizzera, mete preferite in particolare di medici, infermieri e specialisti della formazione.

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