Come aprire uno studio di architettura: la nostra guida

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Se desideri aprire uno studio di architettura devi sapere che l’iter da seguire è piuttosto lungo e fatto da numerosi step. Aprire uno studio di progettazione è il sogni di molti giovani laureati e rappresenta spesso una prospettiva allettante ma per raggiungere questo obiettivo è necessario conoscere tutto: dal tipo di investimento economico agli aspetti burocratici.

Cosa serve per avviare uno studio?

Come abbiamo detto, sono numerosi gli step da seguire per riuscire ad aprire uno studio professionale. Nello specifico possiamo contare 8 step:

  1. iscriversi all’albo professionali per architetti;
  2. aprire una PEC;
  3. conoscere il regime fiscale;
  4. aprire una partita IVA;
  5. iscriversi alla cassa di previdenza;
  6. stipulare un’assicurazione professionale;
  7. individuare il locale da adibire a studio professionale;
  8. dedicare del tempo al mantenimento dei requisiti e alla formazione continua.

Iscriversi all’albo professionali per architetti

Al primo posto per poter esercitare la professione troviamo il requisito dell’iscrizione all’albo. Infatti, una volta concluso il percorso di studi, il laureato dovrà sostenere un esame di stato abilitante che, una volta superato, darà accesso all’iscrizione all’albo per architetti. In genere sono previste delle quote associative, essendo per natura ordini professionali pubblici non economici, oltre a una tassa governativa di iscrizione. Queste cifre variano in base alla regione di appartenenza e si aggirano intorno ai 210€.

Aprire una PEC

Un professionista che si rispetti non può non avere una PEC tramite cui inviare comunicazioni di un certo tipo. Per definizione la PEC è un indirizzo di posta elettronica certificata che offre la garanzia legale della certezza dell’invio e della consegna del messaggio. Dopo averla creata sarà necessario comunicarla all’albo.

Conoscere il regime fiscale

Il regime fiscale per architetti è determinato dal DPR 22 dicembre 1986, n. 917, Testo Unico delle Imposte sui Redditi o TUIR. All’Art. 53 la normativa afferma che “i redditi derivanti dall’attività di architetto, svolta in maniera abituale anche non esclusiva, rientrano nei redditi di lavoro autonomo”. Di conseguenza, sarà necessario: tenere la contabilità, aprire una partita IVA ed effettuare la dichiarazione dei redditi ogni anno.

Aprire una partita IVA

Per aprire una partita IVA sarà necessario trasmettere all’Agenzia delle Entrate il modello AA9/12 seguendo tre possibili strade: tramite CAF, tramite commercialista o in autonomia per mezzo del software di compilazione gratuito.

Questa dichiarazione deve essere presentata entro 30 giorni dall’inizio dell’attività. Per l’apertura sarà necessario indicare il Codice Ateco: 71.11.00.

Iscriversi alla cassa di previdenza

Un architetto che intende esercitare la propria professione è obbligato a iscriversi alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per Ingegneri e Architetti Liberi Professionisti, l’INARCASSA. Per ottenere l’iscrizione è necessario avere specifici requisiti:

  • essere in possesso di una partita IVA individuale;
  • non percepire altra forma di previdenza obbligatoria;
  • essere iscritto all’albo professionale.

Entro il 31 ottobre dell’anno successivo a quello dell’inizio dell’attività, si dovrà presentare la comunicazione di iscrivibilità. Inoltre, sarà necessario versare i contributi previdenziali, calcolati in misura percentuale al reddito professionale netto dichiarato ai fini IRPEF, pari al 7,25% per i primi 5 anni e al 14,5% dopo 5 anni.

Stipulare un’assicurazione professionale

Il professionista è obbligato a stipulare un’assicurazione professionale che lo copra dalla responsabilità civile professionale. A fronte del pagamento di un premio assicurativo annuale, il professionista copre il suo patrimonio da eventuali rischi perseguiti nello svolgere la sua attività lavorativa. Questo è possibile anche in caso di richieste di risarcimento avanzate da terzi danneggiati per via di errori, dimenticanze, distrazioni o disattenzioni.

Individuare il locale da adibire a studio professionale

Sembra uno step che si può facilmente ignorare e invece, per ottenere l’idoneità a svolgere la propria attività, è necessario avere un locale con destinazione d’uso “studio professionale”. Per contenere i costi puoi optare per uno studio associato o uno studio condiviso con altri professionisti.

Dedicare del tempo al mantenimento dei requisiti e alla formazione continua

L’obbligo della formazione continua è previsto dal D.P.R. 7 agosto 2012 n.137. Questa normativa richiede al professionista di restare sempre aggiornato sulle novità al fine di mantenere sempre attive e riqualificare le sue competenze. Ogni figura presenta obblighi diversi. Nel caso dell’architetto, è richiesto il conseguimento di 60 crediti formativi professionali nell’arco del triennio. I crediti formativi per architetti si possono ottenere seguendo corsi, eventi e attività regolarmente accreditate dall’ordine.

Molte di queste voci hanno a che fare con il pagamento annuale di tasse di vario genere, da quelle per mantenere attiva l’iscrizione all’albo al semplice affitto di un locale. Per andare incontro a tutte le uscite del professionista che sceglie di aprire uno studio proprio c’è solo un modo: calcolare il compenso delle prestazioni lavorative nel modo giusto.

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