La nuova IMU: riforma della fiscalità immobiliare, equità, semplificazione e rilancio del settore

La nuova IMU implicherebbe un innalzamento della pressione fiscale sulle abitazioni e non risolverebbe i problemi strutturali del settore.

Corso Docfa
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Nonostante la ratio dell’A.C. 1429 “Istituzione dell’imposta municipale sugli immobili (nuova IMU)” miri a (i) semplificare l’assetto normativo riconducendo la disciplina ad un unico atto normativo, (ii) garantire l’invarianza del gettito ed (iii) a non sottrarre risorse ad i Comuni lasciando impregiudicata la pressione fiscale, il disegno di legge risente di una impostazione profondamente conservativa che si disinteressa del cuore del problema, ossia la riforma del catasto e delle classificazioni degli immobili.

Con riferimento alla constatazione dell’effettivo utilizzo dell’immobile (artt. 2, co. 2, lett. b) e 4, co. 3) risulta necessario identificare gli elementi oggetti dal quale si possa desumere l’effettivo utilizzo dell’immobile. Per ciò che concerne i parametri sulla base dei quali calcolare il valore delle aree edificabili (art. 4, co. 3), è opportuno fare riferimento – tra gli altri – ad un più generico “onere di costruzione” che, fisiologicamente, ricomprende oneri di urbanizzazione, oneri finanziari ed eventuali lavori di adattamento e/o bonifica del terreno necessari per la costruzione.

In aggiunta si ritiene che i Comuni debbano assicurare la massima semplificazione degli adempimenti in capo ai contribuenti attraverso dei modelli di pagamento precompilati.

Relativamente alla deducibilità ai fini delle imposte sui redditi (art. 9, co. 1), sarebbe opportuno consentire la totale deducibilità dell’imposta ricadente sugli immobili strumentali all’esercizio di attività professionale o di impresa, trattandosi di un costo reale per l’esercizio di data attività. La mancata deduzione ovvero la deduzione soltanto parziale si tradurrebbero in un innalzamento della pressione fiscale.

Sempre con riferimento all’art. 4, la norma garantisce un trattamento di favore per i fabbricati produttivi a discapito di quelli ad uso abitativo, prevedendo, per questi ultimi, un moltiplicatore più alto. Tale preferenza si traduce in un’inopportuna, seppur legittima, presa di posizione non positivamente valutabile.

Da ultimo, tra i casi di riduzione della base imponibile, non sono previsti sgravi fiscali per quelle attività di messa in sicurezza dal rischio sismico ed idrogeologico, nonostante il costo annuo medio di tali attività non sia irrilevante, attestandosi intorno ai cinque miliardi.

Il provvedimento, nonostante le apprezzabili premesse di principio, in sostanza implicherebbe un innalzamento della pressione fiscale sulle abitazioni e, conseguentemente, non parrebbe adeguato a risolvere i problemi strutturali del settore. Pertanto, è necessario procedere ad una riforma organica e sostanziale della materia che si inspiri ai principi da noi enucleati nell’audizione presso la commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria, in data 17 aprile 2019, e di seguito ricapitolati.

Riforma della fiscalità immobiliare, equità, semplificazione e rilancio del settore

La necessità di ripensare, innovare e riformare il mercato immobiliare si accompagna non soltanto a strumenti legislativi di carattere urbanistico, quali misure finalizzate alla rigenerazione e riqualificazione urbana, bensì soprattutto ad una particolare attenzione all’adeguamento del sistema fiscale.

Il vulnus del catasto dei fabbricati

Preliminarmente, la rendita catastale rappresenta il parametro sulla base del quale è possibile calcolare le diverse imposte che gravano sui beni immobili ovvero il valore nelle transazioni immobiliari. Il sistema catastale italiano è informato alla dicotomia fra terreni (NCT) e fabbricati (NCEU); dal 1939 ad oggi, mentre il catasto dei terreni è stato oggetto di una profonda revisione che si è sostanziata in un continuo adeguamento ed aggiornamento delle mappe ad opera dei privati coadiuvati dai professionisti, il catasto dei fabbricati, in particolar modo dal punto di vista della rendita catastale, è rimasto immutato: non rappresentando la reale situazione del valore del mercato immobiliare.

La ratio che dovrebbe muovere la riforma si basa essenzialmente sul presupposto per cui il conferimento dell’effettivo valore dell’immobile debba provenire da un’esigenza di aggiornamento dal privato, attraverso la quale sia possibile ottenere un quadro aggiornato afferente ed aderente alla realtà del mercato immobiliare. Lo stallo dell’attuale sistema è rappresentato dalla totale assenza di dinamicità ed aggiornamento del settore: ad esempio, taluni immobili di categoria catastale A1 (abitazioni di tipo signorile), così classificati diversi decenni fa, oggigiorno, dato il mutamento dell’assetto urbanistico, non rispecchiano più tale data categoria, ma, nonostante ciò, l’acquisto di un immobile categoria A1 paga lo scotto dell’impossibilità di poter godere degli incentivi fiscali previsti, ad esempio, per gli acquisti di prime abitazioni.

Questo assetto ha comportato una sempre crescente difficoltà nel collocare sul mercato questi tipi di immobili. D’altronde, problema analogo si ripropone con le categorie immobiliari A2 ed A3 che nascono come abitazioni di espansione a carattere civile e/o economico ma che, in progresso di tempo, si trovano ad essere considerate come di particolare pregio.

Il nuovo classamento immobiliare:

Come accennato, la riforma prende le mosse dall’inversione dell’iniziativa volta all’aggiornamento del catasto dei fabbricati; in tale ottica, i professionisti ed i rispettivi Ordini hanno il compito di collaborare in maniera puntuale con il legislatore coinvolgendo sempre più gli enti locali. La creazione ovvero l’utilizzo di una banca dati catastale già esistente, che individui per ogni immobile il foglio, il mappale e la particella di riferimento, risulterebbe innovativa e dirimente per la soluzione della problematica in oggetto. A ciò si aggiunga la possibilità di collezionare, per singolo immobile, un’ulteriore rosa di dati quali: la rendita catastale, la certificazione energetica e quella sismica.

A tal riguardo, il Consiglio Nazionale dei Geometri e dei Geometri Laureati e la SOGEI S.p.A. hanno collaborato ai fini della creazione di una società chiamata Geoweb S.p.A il cui scopo è quello di sviluppare e diffondere servizi informatici e telematici per quei professionisti che si interfacciano con le pubbliche amministrazioni: implementare questo tipo di sistema potrebbe essere un ottimo punto di partenza nel solco della digitalizzazione e semplificazione dei processi.

L’elemento fondamentale è rappresentato, quindi, dal conferimento alle banche dati di informazioni vere ed oggettive da parte del privato, che diano la possibilità di superare l’arretratezza di un sistema che massifica le rendite utilizzando il “vano” e non il “mq” come unità di misura di un immobile. In tale ottica quindi, in capo all’ufficio pubblico residuerebbe esclusivamente l’onere negativo di effettuare controlli.

Il principio di sussidiarietà

Ai sensi dell’art. 5, co. 1, Legge 22 maggio 2017, n. 81, “Al fine di semplificare l’attività delle amministrazioni pubbliche e di ridurne i tempi di produzione, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di rimessione di atti pubblici alle professioni organizzate in ordini o collegi, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

  • a) individuazione degli atti delle amministrazioni pubbliche che possono essere rimessi anche alle professioni organizzate in ordini o collegi in relazione al carattere di terzietà di queste;
  • b) individuazione di misure che garantiscano il rispetto della disciplina in materia di tutela dei dati personali nella gestione degli atti rimessi ai professionisti iscritti a ordini o collegi;
  • c) individuazione delle circostanze che possano determinare condizioni di conflitto di interessi nell’esercizio delle funzioni rimesse ai professionisti ai sensi della lettera a)”.

In tale ordine di idee, attraverso il principio di sussidiarietà, le pubbliche amministrazioni demanderebbero quota parte dei propri oneri ai singoli professionisti presenti sul territorio che, essendo caratterizzati da un’estrema capillarità, garantirebbero un’immediata ed efficace realizzazione della riforma.

In conclusione, proprio il ruolo di intermediario del singolo professionista farebbe sì che, contestualmente all’accatastamento di un nuovo intervento edilizio, si procederebbe anche ad una rivisitazione della classificazione dell’immobile.

In ragione di quanto sopra esposto, la RPT auspica il recupero della disciplina di cui all’articolo citato, ed il suo perfezionamento attraverso l’emanazione dei necessari decreti delegati.

Gli immobili speciali

Ai sensi dell’art. 2, co. 1 – lett. h), Legge 11 marzo 2014, n. 23, la determinazione del valore patrimoniale medio ordinario degli immobili speciali per le unità immobiliari a destinazione catastale speciale, sia fatta mediante un processo estimativo che:

  • “2.1) opera sulla base di procedimenti di stima diretta con l’applicazione di metodi standardizzati e di parametri di consistenza specifici per ciascuna destinazione catastale speciale;
  • 2.2) qualora non sia possibile fare riferimento diretto ai valori di mercato, utilizza il criterio del costo, per gli immobili a carattere prevalentemente strumentale, o il criterio reddituale, per gli immobili per i quali la redditività costituisce l’aspetto prevalente.

Una corretta determinazione della base imponibile costituisce elemento fondante di un sistema fiscale trasparente ed equo. Pertanto, prima di ogni altra iniziativa di carattere fiscale sul settore immobiliare, occorre che lo Stato attui quanto già disposto con la legge delega richiamata.

In particolare, tenuto conto del considerevole numero di immobili speciali a destinazione agricola (circa 2 milioni) e l’impossibilità, per questi, di impiegare procedure basate su funzioni statistiche, è indispensabile avviare quanto prima i disposti legislativi.

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