Decreto dignità: stop allo split payment solo per i professionisti con ritenuta d’acconto

Il decreto dignità approvato dal Consiglio dei ministri prevede l'abolizione dello split payment per le prestazioni di servizi rese alle P.A. dai professionisti i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta o a titolo di acconto

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Abolizione dello split payment per le prestazioni di servizi rese alle pubbliche amministrazioni dai professionisti i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta o a titolo di acconto.

È quanto prevede il decreto legge con misure urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese (“decreto dignità”), approvato ieri dal Consiglio dei ministri su proposta del Presidente Giuseppe Conte e del Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali Luigi Di Maio.

Tra le altre misure in materia di semplificazione fiscale, il provvedimento prevede la revisione dell’istituto del cosiddetto “redditometro” in chiave di contrasto all’economia sommersa, e il rinvio della prossima scadenza per l’invio dei dati delle fatture emesse e ricevute (cosiddetto “spesometro”).

Le nuove norme prevedono, innanzitutto, che il decreto ministeriale che elenca gli elementi indicativi di capacità contributiva attualmente vigente (redditometro) non ha più effetto per i controlli ancora da effettuare sull’anno di imposta 2016 e successivi. Inoltre, si prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze possa emanare un nuovo decreto in merito dopo aver sentito l’Istat e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori. Con specifico riferimento alle comunicazioni dei dati di fatturazione relativi al terzo trimestre del 2018, infine, si interviene prevedendo che gli stessi possono essere trasmessi telematicamente all’Agenzia delle entrate entro il 28 febbraio 2019, anziché entro il secondo mese successivo al trimestre.

Il decreto legge inoltre mira a limitare l’utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato, favorendo i rapporti a tempo indeterminato e riducendo in tal modo il lavoro precario, riservando la contrattazione a termine ai casi di reale necessità da parte del datore di lavoro. A questo scopo, si prevede che, fatta salva la possibilità di libera stipulazione tra le parti del primo contratto a tempo determinato, di durata comunque non superiore a 12 mesi di lavoro in assenza di specifiche causali, l’eventuale rinnovo dello stesso sarà possibile esclusivamente a fronte di esigenze temporanee e limitate. In presenza di una di queste condizioni già a partire dal primo contratto sarà possibile apporre un termine comunque non superiore a 24 mesi. Al fine di indirizzare i datori di lavoro verso l’utilizzo di forme contrattuali stabili, inoltre, si prevede l’aumento dello 0,5% del contributo addizionale – attualmente pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, a carico del datore di lavoro, per i rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato – in caso di rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.

Il provvedimento si propone anche di salvaguardare i livelli occupazionali e contrastare la delocalizzazione delle aziende che abbiano ottenuto aiuti dallo Stato per impiantare, ampliare e sostenere le proprie attività economiche in Italia.

Infine, è previsto il contrasto al grave fenomeno della ludopatia, vietando la pubblicità di giochi o scommesse con vincite in denaro.

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