Sicurezza sul lavoro, nelle imprese certificate calano frequenza (-16%) e gravità (-40%) degli infortuni

Il nuovo quaderno dell’Osservatorio Accredia, realizzato in collaborazione con Inail e Aicq, conferma la maggiore efficacia delle politiche di prevenzione nelle aziende che adottano sistemi di gestione certificati sotto accreditamento. Nell’ultimo triennio il loro numero è aumentato di un terzo: oggi sono quasi 17mila

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A sei anni dalla prima edizione, il nuovo quaderno dell’Osservatorio Accredia dedicato alla salute e alla sicurezza sul lavoro conferma la maggiore efficacia delle politiche di prevenzione nelle imprese che adottano dei sistemi di gestione certificati sotto accreditamento: il passaggio da un livello di sicurezza base a un livello di sicurezza certificato comporta, infatti, una riduzione pari a circa il 16% degli infortuni, che nel 40% dei casi sono meno gravi rispetto a quelli che avvengono nelle aziende non certificate.

L’entità di queste riduzioni, però, può variare sensibilmente a seconda del settore di attività preso in considerazione. In quello del legno, per esempio, il calo della frequenza degli infortuni nelle aziende certificate è solo del 7%, mentre l’indice che ne misura la minore gravità tocca il 61%. Il tessile, invece, registra una riduzione del 10% dell’indice di frequenza e del 30% di quello di gravità.

Di cosa parliamo in questo articolo:

Il nuovo quaderno dell’Osservatorio Accredia, frutto della collaborazione con Inail e Aicq (Associazione italiana cultura qualità), è stato presentato questa mattina a Roma, presso il Parlamentino dell’Istituto di via IV Novembre, nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno preso parte il presidente dell’Inail, Massimo De Felice, il presidente di Accredia, Giuseppe Rossi, e il presidente di Aicq, Claudio Rosso.

“L’analisi promossa dall’Istituto insieme ad Accredia e Aicq – ha spiegato De Felice – è un primo risultato utile per individuare i fattori prevalenti che hanno condotto le imprese sulla strada della certificazione e per valutare gli esiti di questa propensione alla qualità. È un risultato che apre a domande e curiosità, sollecitando l’arricchimento della base informativa, il controllo intertemporale, l’analisi di causalità”.

Alcune risposte sono già contenute nel quaderno appena pubblicato, che rappresenta una sorta di bussola per orientarsi in uno scenario in rapida evoluzione, che nell’ultimo triennio ha visto aumentare di un terzo il numero delle aziende che hanno scelto di certificare sotto accreditamento il proprio sistema di gestione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (Sgsl). La norma di riferimento finora è stata lo standard britannico OHSAS 18001, emanato nel 1999 e rivisto nel 2007, che è destinato a essere sostituito dalla nuova certificazione internazionale UNI ISO 45001, pubblicata lo scorso 12 marzo, alla cui elaborazione hanno dato un importante contributo sia Inail che Accredia.

“Oggi sono quasi 17mila le imprese che hanno un sistema di gestione certificato per la norma BS OHSAS 18001, il 9% in più rispetto al 2016 e il 32% in più rispetto a tre anni fa”, ha riassunto Giuseppe Rossi. Per il presidente di Accredia “sono numeri importanti, che non ci sollevano però dall’impegno nel diffondere sempre di più la certificazione accreditata come buona pratica e leva di sviluppo per le imprese. Sono le stesse imprese, infatti, a dirci che la certificazione porta con sé dinamiche di efficienza che si riverberano su tutta la struttura aziendale e che ne aumentano la competitività, anche attraverso un miglioramento dell’immagine nel mercato”.

Un’indagine qualitativa su un campione di 311 aziende certificate secondo la norma BS OHSAS 18001, condotta da Inail, Accredia e Aicq attraverso la somministrazione di un questionario ai responsabili della sicurezza e al top management, ha rilevato infatti che quasi la totalità delle imprese (98,4%) in seguito alla certificazione del proprio sistema di gestione ha verificato un miglioramento delle prestazioni in sicurezza, misurate attraverso il numero di infortuni e malattie professionali (74,6% dei rispondenti) e dei mancati infortuni (70,1%), le ore di formazione (63,3%) e le non conformità gestite (55,6%).

“Nella maggioranza dei casi – ha precisato il presidente di Aicq, Claudio Rosso – la scelta di certificare il sistema di gestione deriva da un’iniziativa della direzione aziendale e, nei settori delle costruzioni e del commercio, dalla richiesta del mercato. Il miglioramento di immagine che coinvolge l’impresa certificata rispetto ai propri clienti, ma anche rispetto al gruppo industriale di appartenenza, è un asset per l’azienda che porta con sé un importante ritorno di competitività. Allo stesso tempo, circa un terzo delle imprese certificate rileva un limite a una maggiore diffusione della certificazione nella scarsa conoscenza dei suoi benefici, a cui si aggiunge, per le aziende del settore delle costruzioni, un’elevata incidenza dei costi iniziali”.

Come sottolineato dal presidente dell’Inail, Massimo De Felice, la normazione tecnica volontaria è “un ausilio prezioso”, perché “potenzia la legislazione, fornisce documenti guida che definiscono gli interventi da adottare e i criteri per garantirne l’affidabilità, stabilendo i livelli di prestazione nei settori commerciali, industriali e del terziario, a tutela della sicurezza dei lavoratori, dell’ambiente e dei consumatori”. Con la certificazione, ha aggiunto De Felice, “è garantito il rispetto delle norme, documentata la qualità dell’impresa, correttamente tutelata la competitività. Sono tutti mezzi e azioni che contribuiscono, in grande, al miglioramento del sistema socio-economico”.

Dall’analisi regionale dei dati sulle aziende certificate per la norma BS OHSAS 18001 si rileva una maggiore attenzione al tema della gestione della sicurezza sul lavoro in Valle d’Aosta (24,9% sul totale delle imprese certificate per i sistemi di gestione), Liguria (18,5%), Friuli Venezia Giulia (17,0%) e Trentino Alto Adige (14,7%) nel nord, in Umbria (15,4%), Marche (14,6%) e Toscana (14,5%) nel centro, mentre al sud spiccano Molise (13,5%), Basilicata (13,1%) e Puglia (12,8%).

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