Terre e rocce da scavo: normativa e gestione per il riutilizzo

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Il Decreto 120/2017 in vigore dal 22 agosto 2017 ha istituito il regolamento nazionale delle Terre e Rocce da scavo. Al suo interno troviamo incluse tutte le disposizioni che riguardano la gestione delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti. Con questo Decreto si va inoltre ad abrogare i precedenti provvedimenti tra cui:

  • il decreto del 10 agosto 2012, n. 161 promosso dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio del mare, “Regolamento sulla disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”;
  • l’art. 41, comma 2, e 41 bis del DL 21 giugno 2013, n. 69 convertito con alcune modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 (Decreto del Fare, in modifica del Codice Ambiente);
  • l’articolo 184-bis, comma 2-bis, del Testo unico Ambiente.

Cosa si intende per terra e rocce da scavo

Secondo l’art. 2 del DPR 120/2017 comma 1 lettera c) per terre e rocce da scavo si fa riferimento al suolo escavato derivante da attività finalizzate alla realizzazione di un’opera, come ad esempio:

  • sbancamento, fondazioni, trincee e scavi in generale;
  • opere infrastrutturali come le gallerie e le strade;
  • perforazione, trivellazione, palificazione e consolidamento;
  • rimozione e livellamento di opere in terra.

Quando sono considerati rifiuti

In alcuni casi possiamo escludere le terre e le rocce dalla disciplina dei rifiuti. Questo è possibile se si verificano le condizioni previste dall’art. 185 d.lgs. 152/2006, riguardo le esclusioni dall’ambito di applicazione della suddetta disciplina.

Sono esclusi dalla regolamentazione dei rifiuti se:

  • “il terreno, inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli articoli 239 e seguenti relativamente alla bonifica di siti contaminati”;
  • “il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato”.

Inoltre, è possibile considerare il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, per l’utilizzo in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati.

Se sussistono le condizioni, le terre e rocce da scavo possono essere qualificate come sottoprodotti o se sottoposte ad opportune operazioni di recupero, anziché essere considerate rifiuti. Le condizioni sono espresse nelle lettere da a) a d) dell’art 184 ter del d.lgs. n. 152/2006. Allo stesso modo devono rispettare i criteri tecnici adottati in conformità a quanto stabilito dal comma 2 dell’art. 184 ter.

È possibile trasformare un materiale di risulta da semplice rifiuto a prodotto da utilizzare per altre lavorazioni? La risposta è sì.

Procedura per il riutilizzo

Per ridurre l’impatto sull’ambiente è essenziale imparare a dare una seconda vita ai nostri rifiuti. Questo è essenziale anche quando si tratta di rifiuti generati da costruzioni e demolizioni edili. Quale è la procedura da seguire per il riutilizzo?

Soffermandosi al comma 3 del citato art. 184 ter, “i materiali che conservano la qualifica di rifiuto possono essere sottoposti ad operazioni di recupero in via ordinaria”. Questo deve essere fatto con autorizzazione dell’impianto e nel pieno rispetto dell’articolo 208 del Dlgs 152/2006. In alternativa è necessario seguire le modalità previste dal DM 5 febbraio 1998 che va a definire i rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero.

Il test di cessione è una fase obbligatoria che permette di capire se il materiale può essere recuperato oppure no. Se il materiale esaminato è frutto di uno scavo che risulta contaminato, occorre applicare quanto previsto per la bonifica dei siti contaminati.

In generale, le terre e rocce da scavo non rifiuti possono contenere numerosi materiali: additivi per scavo meccanizzato, bentonite, calcestruzzo, miscele cementizie, polivinilcloruro (PVC) e vetroresina. Il dato importante è che le concentrazioni di inquinanti presenti non siano superiori ai limiti previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, a seconda della destinazione d’uso.

Normativa per la gestione dei sottoprodotti

Viene evidenziato che la nuova disciplina va a semplificare la gestione e l’utilizzo delle terre e rocce da scavo. Non sarà, quindi, più necessario attendere le autorizzazioni prima previste ma basterà che trascorrano 90 giorni dalla presentazione del progetto. Tale semplificazione è importante al fine di agevolare, nei cantieri ove si lavora su grandi quantità di materiale, procedure più veloci che attestino che le terre e rocce da scavo siano secondo i requisiti stabiliti dalla normativa europea. Il soggetto o azienda proponente dopo 90 giorni dalla presentazione del piano di utilizzo all’Autorità competente, avvierà automaticamente la gestione delle terre e rocce da scavo come previsto da piano di utilizzo. Il Decreto, prevede, altresì, l’eliminazione della comunicazione preventiva all’Autorità preposta e inerente al trasporto di terre e rocce da scavo. Viene anche eliminata la fase della approvazione preventiva del piano di utilizzo modificato.

Il nuovo regolamento da anche la possibilità di prorogare di due anni la durata del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo che sono state prodotte in cantieri di grandi dimensioni grazie a una comunicazione al Comune nonché all’Agenzia di protezione ambientale competente (mentre invece il DM 161/2012 non contemplava tale possibilità).

Per ciò che concerne la gestione dei materiali, in divergenza con il DM 161/20112, il Decreto dispone l’eliminazione dei residui della lavorazione dei materiali lapidei dalla nozione di “terre e rocce da scavo”.

Questa differenziazione consente alle aziende che operano nel settore di poter qualificare questi materiali come surrogati. E’ immessa anche una disciplina specifica per il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo dette come rifiuti, che va a tenere conto delle specifiche tipologie di questa attività prevedendo quantità massime ammesse al deposito maggiori di quelle che erano previste Dlgs 152/2006.

Per quel che concerne i tempi e i controlli la nuova normativa prevede 60 giorni al fine di poter svolgere le attività di analisi che andranno ad ottemperare le Agenzie per la protezione ambientale per controllare la veridicità dei dati dichiarati nel piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo.

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