Gli architetti del Poliba e il restauro architettonico della città fantasma di Craco

Architetti e studenti del Politecnico di Bari per il restauro architettonico della città fantasma di Craco

Crediti Formativi Architetti
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Un progetto di restauro architettonico moderno ed etico: i professionisti italiani del restauro. A circa 50 chilometri da Matera, su una collina, attorniata dai calanchi, in un paesaggio suggestivo, si erge una torre normanna che da 1000 anni domina la valle. Ai suoi piedi, da quasi quarant’anni, giace nel silenzio imposto una città fantasma, Craco. Qui, l’orologio del tempo sembra essersi fermato. Solo il gracchiare sporadico delle taccole, che svolazzano in alto, nell’intorno della sommità della torre, echeggia fino a fondo valle.

Nel 1963 il paese viene evacuato parzialmente a causa di un’enorme frana. La popolazione è costretta ad insediarsi a valle nella attuale borgo detto, Peschiera. L’evacuazione divenne totale a seguito del terremoto in Irpinia del 1980.

In quasi quarant’anni di abbandono, il tempo ha “ruderizzato” l’abitato, che però, contestualizzato nello scenario naturale, involontariamente, gli ha consentito nuovo fascino. Il risultato finale: ambiente circostante e borgo abbandonato in un tutt’uno, è stato cercato più volte da registi e case di produzione cinematografiche.

Da alcuni anni, l’amministrazione comunale di Craco è impegnata a voler rivalutare il borgo abbandonato e il paesaggio dei calanchi attraverso forme di collaborazioni strutturate con enti di ricerca e università come il Politecnico di Bari al fine di recuperare un bene apparentemente perduto attraverso un lavoro di restauro architettonico moderno e rispettoso dell’identità dei luoghi.

Gli studi condotti nel Politecnico di Bari, presso il Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria Civile e dell’Architettura, anche attraverso tesi di laurea e laboratori, hanno rivalutato l’attuale ruolo e significato del borgo medievale di Craco. Tra questi, un progetto di recupero e restauro architettonico dell’abitato del Comune lucano, tema di laurea di sei studenti di architettura, ha anche vinto il 1° premio nazionale “ARCo” giovani 2015. Di recente, un altro lavoro di ricerca, svolto nell’ambito del laboratorio di restauro architettonico, ha preso in considerazione il progetto di restauro completo dell’ex monastero dei Francescani Minori Osservanti con l’annessa chiesa di San Pietro di Craco.

Il complesso monumentale risale al 1620, quattro secoli dopo lo stanziamento dei primi francescani in Basilicata. L’ultimazione dei lavori è del 1632. Nel corso dei secoli il convento viene ampliato. E infine, nel 1777, avviene l’ultima trasformazione e la costruzione della cappella di grandi dimensioni dedicata alla SS Annunziata. Dopo l’Unità d’Italia, il convento perviene al Comune di Craco che lo destina ad ospitare dapprima l’ufficio telegrafico, poi la caserma dei carabinieri, l’asilo infantile e gli uffici comunali mentre la chiesa rimane aperta al culto fino al 1980, anno della chiusura a causa dei danni provocati dal terremoto. Nei primi anni del 1960 un violento smottamento colpisce la parte anteriore del complesso, provocando, oltre al crollo dei locali dell’ex convento, il crollo della cappella della S.S. Annunziata, di due cappelle laterali e di due campate della navata principale, che non vengono mai più ricostruite.

Tra il 1997 e il 2000 viene redatto, su commissione del Comune di Craco, un progetto esecutivo di parziale recupero, in occasione del quale vengono realizzate opere di consolidamento.

La proposta di progetto formulata dai tre studenti di architettura del Politecnico: Claudia Angarano, Nicola Cavallera, Francesco Protomastro, tutti baresi, coordinati dai docenti; Rossella de Cadilhac, Dora Foti, Michele Vitti, riguarda il restauro architettonico dell’intero edifico, che consenta di conciliare, da un lato la restituzione di quell’unità originaria, storica e formale, quasi del tutto andata perduta nel corso del tempo, e dall’altro, la conservazione di alcune parti come testimonianza della successione delle sue fasi storiche. Il progetto non trascura l’attribuzione di una nuova destinazione d’uso in sintonia con le vocazioni d’uso dell’antico edificio.

Nasce così l’idea di un centro culturale che si integra con una scuola di alta cucina allo scopo di promuovere la tradizione eno-gastronomica locale.L’analisi storica delle fasi costruttive ha permesso di prendere spunto dalle antiche funzioni, cui far riferimento in fase progettale. L’intervento è stato guidato dall’intento di mantenere una coerenza storica e funzionale, soprattutto negli ambienti ‘notevoli’ come nel caso dell’antico refettorio.

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